Ultimo aggiornamento12:01:20 PM GMT

Sei qui: Cronaca Articoli

Articoli

Suicidi tra le Forze dell’Ordine, l’USIP chiede l’immediata costituzione di centri di ascolto

E-mail Stampa PDF

USIP LOGOIn relazione al tema dei " Suicidi tra le forze dell'ordine, Ugo Vandelli -segretario generale provinciale USIP Forli e Cesena - a seguito del suo intervento sulla questione, ha inviato la lettera aperta a firma del Il Segretario Generale USIP, Vittorio Costantini, che riportiamo integralmente:

Cio' che è successo in questi ultimi giorni lascia sgomenti, altri due appartenenti alla Forze dell'Ordine si sono suicidati, e nello specifico un collega della Polizia di Stato in servizio presso la Polaria di Fiumicino, nonché un collega dell'Arma dei Carabinieri in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Bovino (Foggia). Ulteriori disperati gesti che hanno arrecato profonda tristezza e sconforto tra le Forze dell'Ordine, e che vanno ad accrescere ancora, la lunga scia di suicidi tra gli appartenenti alle Forze di Polizia.
Siamo in presenza ad un vero e proprio drammatico fenomeno che lascia senza parole, ma che necessita di grande attenzione affinché questi tragici eventi possano essere in tempo prevenuti.
Negli ultimi mesi altri colleghi avevano commesso il fatale gesto e come Organizzazione Sindacale abbiamo cercato di analizzare questa situazione drammatica, evitando di esprimere sin da subito la nostra opinione, perché abbiamo ritenuto che tragedie di questo genere meritano in prima istanza assoluto silenzio.
Il silenzio dell'anima come dimensione privilegiata e mezzo attraverso il quale esprimere il totale cordoglio e rispetto per il profondo dolore che i familiari hanno dovuto affrontare sin dal primo momento; privilegiare l'aspetto umano alle dichiarazioni di qualsiasi genere, lo abbiamo sempre ritenuto fondamentale, anche perché bisogna tenere conto che, in questi casi, dichiarazioni fatte a caldo rischiano di essere strumentalizzate sotto ogni aspetto.
Però la misura è ormai colma, non possiamo più stare in silenzio, la situazione sta precipitando notevolmente, bisogna accendere i riflettori su questo gravissimo problema, non
può più passare inosservato il suicidio di un servitore dello Stato, e francamente rimaniamo fortemente amareggiati che la stampa giornalistica non ha, fino ad oggi, posto la giusta attenzione a questi terribili eventi.
Per quel che ci riguarda, anche se commentare e fare analisi, quando si è in presenza di un suicidio, non è per nulla facile, in quanto fatti del genere sono sempre frutto di un insieme di fattori, non ci tireremo indietro anzi faremo tutto quello che è in nostro potere per svolgere appieno il nostro dovere di rappresentanza e di tutela dei lavoratori.
La USIP in tal senso, ritenendo che sia arrivato il momento di guardare in faccia la realtà cercando di affrontare il problema con soluzioni adeguate rispetto alla vera portata del fenomeno, prende atto positivamente della recente istituzione di un Osservatorio Interforze come organismo utile a monitorare la problematica, ma allo stesso tempo pensa che il fenomeno suicidi vada affrontato andando alla radice del problema.
Se si vuole sul serio porre un freno ai suicidi tra le Forze dell'Ordine, non basta applicare preventivamente il famigerato art. 48, così, tanto per lavarsi le mani, perché paradossalmente l'applicazione del citato articolo getta ancor più nello sconforto il poliziotto che si trova in tale situazione, poiché l'iter dell'art.48 non fa altro che emarginare chi si trova in difficoltà.
Per essere molto franchi, chi fra gli appartenenti alle Forze dell'Ordine va dal medico del corpo per dire che sta attraversando un periodo particolarmente difficile o di stress?
Praticamente quasi nessuno, questo perché il poliziotto sa benissimo ciò che comporta l'applicazione dell'art.48, e cioè intraprendere un percorso difficile in cui si viene lasciati soli con il proprio problema, e peraltro se alla fine di questo periglioso percorso l'eventuale problema non si risolve, si viene a perdere lo status giuridico di appartenente alle Forze dell'Ordine, compreso quindi tutti i diritti ad esso connessi in termini retributivi e pensionistici. Il problema sta alla fonte, il problema è normativo, in quanto bisognerebbe prevedere specifiche modifiche all'art.48 di guisa che tale norma non venga vista, dai colleghi che stanno attraversando un periodo di difficoltà, come la spada di Damocle ma al contrario come una vera e propria forma di tutela, di salvaguardia, di modo che, qualora necessiti preventivamente togliergli pistola e manette,
non vengano isolati ma al contrario maggiormente compresi e accolti.
Tante possono essere le formule burocratiche, tante le soluzioni, per fare in modo che si tuteli il profilo umano e giuridico dei Poliziotti, ad esempio si potrebbe prevedere la possibilità, in questo specifico periodo, di un impiego in servizi non operativi, come sarebbe anche opportuno affidare l'idoneità dei poliziotti a medici specialisti di strutture pubbliche, uscendo così definitivamente dal circuito degli ospedali militari.
Non ci sono altre soluzioni praticabili, ben vengano gli osservatori, le commissioni, ma come organi d'ausilio non certo come soluzioni al problema.
La nostra Amministrazione deve fare necessariamente un salto di qualità, un cambio culturale che riesca a mettere al bando quell'atteggiamento inquisitorio, se non addirittura persecutorio, che spesso si registra sul territorio nei confronti del malcapitato collega che si trova in stato di difficoltà, mentre è proprio in questi casi che la ragionevolezza umana, il buon senso e finanche il dovere dovrebbe far addivenire a più miti consigli chi ha l'enorme responsabilità di gestire il personale.
Ancora aggiungiamo, ed evidenziamo, che il testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.lgs.81/08) sottolinea il ruolo di primo piano che assume il concetto di salute, intesa come " stato di completo benessere fisico, mentale e sociale".
Come si può ben comprendere un assunto di tale portata, guardando alla salute dei lavoratori in relazione ai possibili rischi psicosociali lavorativi, rimette in capo ai Dirigenti-datori di lavoro una enorme responsabilità rispetto alla salute dei propri collaboratori.
L'Unione Sindacale Italiana Poliziotti ritiene che sia arrivato il momento che l'Amministrazione si assuma le proprie responsabilità in ordine al rispetto degli aspetti normativi, che
non deve semplicemente estrinsecarsi nell'avere le carte in regola ma nel tenere un atteggiamento concretamente virtuoso, mettendo al centro il rispetto della dignità umana di ogni singolo poliziotto.
Tenere un atteggiamento concretamente virtuoso, significa anche dare la possibilità al poliziotto di poter usufruire di centri d'ascolto con psicologi qualificati che siano da specifico supporto per tutti coloro che attraversano questi periodi di crisi, insomma sarebbe bene chel'Amministrazione passi dalle parole ai fatti, facendosi anche promotrice, presso le sedi politiche competenti, di specifici interventi normativi, perché invero anche le Istituzioni politiche su tutto quanto il problema hanno specifiche responsabilità.
Assistiamo giornalmente, da ogni parte politica, a continui elogi a favore delle Forze dell'Ordine ma poi concretamente ci si applica ben poco per risolvere i problemi; il nostro è un mestiere delicato, un mestiere che richiede saldezza di nervi, equilibrio, invece di fare solo propagande elettorali bisogna che la politica si soffermi sul fatto che un poliziotto non può avere il tarlo di come arrivare alla fine del mese, come non può vivere sotto costante pressione a causa di servizi d'istituto sempre più impegnativi, tenendo peraltro in conto dell'elevatissima età media che si  riscontra tra il personale della Polizia di Stato; tutto questo porta inevitabilmente ad una mancanza di serenità e quindi potenzialmente anche alla perdita di quell'equilibrio che un poliziotto dovrebbe sempre avere.
Questo è ciò che la USIP ritiene utile, anzi indispensabile, per cercare d'arginare il problema. Rimanendo quindi in attesa che la politica, quella seria non populista, faccia la sua parte, ci attendiamo nel frattempo che la nostra Amministrazione, a beneficio e garanzia dei propri dipendenti, faccia la sua di parte, nella certezza che in ogni caso la USIP rimarrà vigile e farà da sentinella per salvaguardare la dignità umana dei poliziotti che troppo spesso vengono lasciati al proprio destino.


Il Segretario Generale
Vittorio COSTANTINI

"Il 2 agosto ero là e ho visto l’inferno..." la testimoniznza del poliziotto in servizio nel 1980

E-mail Stampa PDF

Ugo Vandelli:Vandelli 2 AGOSTO "Il mio ricordo dopo trentanove anni dalla strage alla stazione di Bologna. Per non dimenticare!"

Con una lettera aperta, inviata alla redazione, che riportiamo integralmente, Ugo Vandelli ha voluto ricordare un episodio drammatico ed indelebile per tutto il nostro paese:

" Sabato 2 agosto 1980. All'epoca ero un giovane brigadiere di pubblica sicurezza, comandante del quarto plotone allievi del Centro Addestramento Polizia Stradale di Cesena. Ricordo che in quell'afosa mattinata estiva ero impegnato nelle attività di formazione del personale. Alla scuola tutto il personale istruttore e frequentatore il corso della polizia stradale attendeva con impazienza il termine delle varie attività didattiche, nelle quali era impegnato, prima di essere posto in libertà: ed io, come tanti altri colleghi, avrei passato il fine settimana con la famiglia a Cesenatico. Il nostro mare. All'improvviso, come una nuvola a ciel sereno, erano circa le undici, fu comunicata tramite altoparlante la cosiddetta e da tutti temuta "permanenza" in caserma. Avviso che annullava licenze, permessi, libera uscita e anticipava l'immediata partenza per un servizio di ordine pubblico sul territorio nazionale. In quegli anni le partenze erano molto frequenti, senza avere contezza di quando si rientrava. Nella fattispecie la destinazione per i circa 400 uomini presenti nella scuola fu Bologna. Fummo il primo reparto inquadrato ad arrivare nel capoluogo emiliano, a parte ovviamente i presidi territoriali, già tutti impegnati in una febbrile quanto dolorosa opera di soccorso.

L'inferno in diretta. Alle 10.25 circa la stazione ferroviaria situata in piazza Medaglie d'Oro era piena di persone, presa d'assalto da turisti che andavano e venivano perché Bologna, mia città natale, è il crocevia d'Italia: da qui si passa per andare al Sud o al Brennero. Uno snodo ferroviario che smista famiglie intere, giovani e anziani, coppie di sposi e fidanzati, bambini in sandali con il sacchetto dei giochi, impazienti di raggiungere il mare o la montagna, ma ignari che l'orologio del destino avrebbe completamente stravolto in un attimo le loro vite. Come si seppe poi nella sala d'attesa di seconda classe scoppiò all'improvviso una bomba confezionata con 200 chili di esplosivo che provocò 85 morti e 200 feriti. Al nostro arrivo scene tremendamente strazianti: non dimenticherò mai i corpi sotto le macerie  orrendamente mutilati, che, anche in caso di salvezza, sarebbero restati per sempre sfregiati nell'anima. Ho pianto, con il cuore straziato dal dolore, ma ho continuato, con tutta la professionalità derivata dalla funzione ricoperta, a svolgere il mio duplice e delicato compito di ordine, sicurezza e soccorso pubblico al comando dei miei uomini e al servizio della collettività. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al suo arrivo nel primo pomeriggio sul luogo del disastro, riuscì solo a dire, con la voce strozzata: "Non ho parole". Quando ripenso a quei momenti, mi tornano alla mente l'odore acre della polvere da sparo e il caos generale nel quale tutti cercavano di portare il proprio aiuto, a volte intralciando, involontariamente, l'opera dei soccorsi. Ricordo che non vi erano ambulanze a sufficienza per fare fronte all'emergenza, per cui gli autobus - in particolare quello della linea 37- sfrecciavano per le vie della città a tutta velocità diretti agli ospedali, con la speranza di salvare più vite possibili. Un lenzuolo bianco, che fuoriusciva dal finestrino, segnalava l'allarme, mentre trasportavano il loro carico di cadaveri e/o di corpi che ancora respiravano: straziati, dilaniati, carbonizzati.

Il valore umano. Le persone che ricordo di avere soccorso fisicamente e anche psicologicamente, mi domandavano quale inferno si fosse spalancato sotto di loro e attendevano notizie riguardo ai propri cari. Allora i telefonini ancora non c'erano. Anche per questo le novità, sulle varie ipotesi della tragedia, così come le richieste di notizie da parte di famigliari, parenti, amici e conoscenti, circolavano molto lentamente. Rimanemmo a Bologna una decina di giorni, con quelle poche cose che eravamo riusciti a preparare prima della partenza, ma all'epoca, purtroppo, eravamo abituati a questi disagi, non certamente a una tale terrificante tragedia.
Personalmente, in questi anni, ho partecipato alle commemorazioni rivivendo ogni anno le stesse emozioni e i ricordi di quel giorno infausto e sentendomi sempre più vicino alle vittime, ai loro famigliari e alla mia città, Bologna. Una città che da allora non è stata più quella aperta, gioviale e gioiosa degli anni sessanta, ma che dopo la strage del 2 agosto è diventata più chiusa, più preoccupata. Credo che non si sia più ripresa.

Venerdì 2 agosto 2019. Come ogni anno prenderò parte alla cerimonia commemorativa in onore delle vittime, con la solita tristezza nel cuore e con la consapevolezza che non si può e non si deve dimenticare. A trentanove anni dalla strage la verità e la giustizia sono ancora lontane. Dal 1980 hanno pesato le strumentalizzazioni politiche, depistaggi, dubbi, accuse in parte velate, polemiche sottolineate da autorevoli interventi. Occorre continuare a sperare che finalmente possa emergere la verità "vera", fugando tutti i dubbi che da quasi quarant'anni continuamente ricorrono, anche se questo non restituirà, purtroppo, le tante vite spezzate o irrimediabilmente segnate da questo evento doloroso.

Ugo Vandelli, già sostituto commissario della Polizia di Stato, giornalista pubblicista, segretario generale provinciale Forlì Cesena USIP (Unione Sindacale Italiana Poliziotti)."

Aumentano gli incidenti ma calano i morti nel primo trimestre 2019

E-mail Stampa PDF

Pubblicate le anticipazioni dei dati sull'incidentalità stradale nella città metropolitana e il report completo 2018

Nei primi tre mesi del 2019, i dati provvisori sull'incidentalità relativa alle strade del territorio metropolitano bolognese (comunali, provinciali, statali e autostrade) mostrano un lieve aumento degli incidenti stradali, ma una diminuzione dei decessi: 4 in meno di quelli registrati nello stesso periodo del 2018.

Tra gennaio e marzo 2019 gli incidenti stradali sono stati 834, 21 in più rispetto agli 813 rilevati nel medesimo periodo del 2018. I decessi sono 14, 4 in meno, mentre gli infortunati sono 1.131, in aumento di 7 unità.

Nel trimestre, i comuni che hanno contribuito al, seppur modesto, aumento nel numero di incidenti sono stati Bologna (+10), Granarolo dell'Emilia e Munzuno (entrambi +8), mentre Crevalcore, Dozza e Sala Bolognese hanno una numerosità in calo (rispettivamente: -6, -5, -5). Nel capoluogo sono decedute 4 persone in meno.

Il report 2018: dati, indici e tendenze

L'anticipazione dei dati metropolitani del 2018, pubblicata a giugno, viene ora descritta attraverso un report approfondito ed analisi interattive che indagano caratteristiche, tipologia di utenti e di veicoli, modalità, cause e luoghi di accadimento, acquisite attraverso la rilevazione effettuata annualmente dalle Forze dell'Ordine.

Nel 2018 nella città metropolitana di Bologna sono avvenuti 3.810 incidenti stradali con infortunati, che hanno provocato 75 morti (7 in meno del 2017) e 5.205 feriti (-4,6% sul 2017). A livello metropolitano il calo dell'incidentalità dal 2017 è quindi pari al 2,4%, a livello regionale è del 5,1%, mentre per l'Italia la diminuzione e dell'1,5%.

Nell'ultimo decennio il calo deciso di mortalità sulle strade si osserva fino al 2013 dopo di che il numero tende ad essere stazionario con modeste diminuzioni o aumenti da un anno all'altro. Ben più deciso era stato il calo dei morti nel decennio precedente (2001-2010) quando si era passati da 131 a 86 vittime all'anno.

Quando avvengono gli incidenti

Dal report emerge che il maggior numero di incidenti si sono verificati nei mesi di ottobre (404) e giugno (370), ma ad una più elevata incidentalità, non corrisponde la maggior mortalità, infatti l'indice di mortalità evidenzia che agosto, pur essendo il mese in cui si verificano meno incidenti, è quello che registra 3,1 morti ogni 100 incidenti. Venerdì è il giorno della settimana con un maggior numero d'incidenti (654), ma sabato e domenica sono i giorni nei quali è maggiore il tasso di mortalità: 2,5 morti ogni 100 incidenti. Nei giorni lavorativi, le fasce orarie più critiche sono legate agli spostamenti in entrata e uscita dai luoghi di studio/lavoro. Sabato e domenica evidenziano un aumento degli incidenti nelle ore serali-notturne, dalle 21,30 fino alle 5.30 del mattino: si conferma quindi la maggior incidentalità notturna nei giorni del fine settimana.

Dove avvengono gli incidenti

Il 72,4% degli incidenti avviene in un contesto urbano, quasi il 19% in extra-urbano e il rimanente su autostrada o tangenziale. In ambito urbano, il 46,8% degli incidenti avviene su incrocio-rotatoria-intersezione, mentre in ambito extraurbano il 44% dei sinistri sono su strada rettilinea ed il 34% su incrocio-rotatoria-intersezione.

Per quanto riguarda gli incidenti mortali, sulle strade comunali sono morte 34 persone (45,3% del totale), sulle strade provinciali 21 (28%), in autostrada, tangenziale o raccordo 11 (14,7%), sulle statali 9 (12%).

Si fa presente che le informazioni statistiche relative all'incidente avvenuto il 6 agosto 2018 a Bologna, tengono in considerazione soltanto i soggetti direttamente coinvolti nello scontro (2 morti, 4 feriti); a causa della successiva deflagrazione, hanno però subito lesioni fisiche numerose altre persone le quali, pur trovandosi a distanza dal luogo dell'incidente, sono state tuttavia investite dalla intensa ondata di calore che ne è seguita, per un numero di feriti che, complessivamente, ammonta a 142.

Tra le 66 strade provinciali e le 2 statali dove nel 2018 è stato rilevato almeno un incidente con infortunati, le statali Porrettana e Via Emilia sono quelle con il maggior numero di sinistri, rispettivamente 92 e 74, in parte spiegabili con la loro rilevante estensione chilometrica. Tra le strade provinciali, le più incidentate in valore assoluto risultano essere la Sp569 "Di Vignola" con 67 incidenti (3 incidenti al km) e la Sp4 "Galliera" con 48 incidenti (2,3 incidenti al km). La SS64 "Porrettana" registra più decessi (5). Escludendo gli incidenti avvenuti su autostrada e tangenziale, con una componente d'incidentalità parzialmente esogena al territorio comunale (traffico di attraversamento), i comuni con un maggior indice d'incidentalità sono, in ordine decrescente, i comuni di Bentivoglio (5,4), Bologna (4,7) e Argelato (4,4). Nel 2018 sono stati georeferenziati puntualmente tutti gli incidenti stradali avvenuti su strada comunale, statale, provinciale e autostrada.

Quali veicoli sono coinvolti negli incidenti

Nel 2018 i veicoli coinvolti in incidente sono 7.145, 347 in meno del 2017 e di questi il 63,2% sono rappresentati dalle autovetture, il 12,5% da motocicli, il 9,4% da autocarri-autotreni-motrici. Dal 2013 al 2018, solo i ciclomotori coinvolti sono costantemente in calo.

Come avvengono gli incidenti

La maggior parte degli incidenti stradali avviene tra due o più veicoli e la tipologia di incidente più diffusa è lo scontro: frontale, frontale-laterale e laterale (1.827 casi, 25 vittime e 2.586 feriti), seguita dal tamponamento (817 casi, 8 decessi e 1.287 persone ferite). La tipologia più pericolosa è l'investimento di pedone (4,9 decessi ogni 100 incidenti) seguono la fuoriuscita del veicolo (3,6) e l'urto con ostacolo o veicolo (2,4). Investimenti di pedoni e fuoriuscite sono le modalità che procurano percentualmente una mortalità maggiore rispetto alla percentuale di incidenti avvenuti con la medesima tipologia.

A fronte dei 3.810 incidenti ritroviamo indicate 7.867 circostanze che nel 47% dei casi non segnalano particolari responsabilità dei conducenti o pedoni. Nell'ambito dei comportamenti errati, le prime tre cause di incidente (escludendo il gruppo delle cause di natura imprecisata) sono: il mancato rispetto della precedenza o del semaforo, la guida distratta e il procedere con velocità troppo elevata. I tre gruppi costituiscono complessivamente il 20,5% dei casi.

Il costo sociale sostenuto dalla collettività metropolitana a causa della morte o del ferimento delle persone in seguito ad un incidente stradale è stato pari a oltre 374 milioni di euro, in diminuzione rispetto all'anno precedente del 5,6%. Nel decennio 2009-2018 il costo sociale è diminuito del 18%.

"Negli ultimi vent'anni, da quando cioè l'Europa ha iniziato a dare l'obiettivo del dimezzamento dei morti ogni decennio rispetto al precedente – è il commento del Consigliere delegato alla Viabilità e Mobilità Sostenibile Marco Monesi - tanto è stato fatto. I dati ci parlano però di un calo importante di morti sulle strade del nostro territorio nel primo decennio (2001-2010 da 131 a 86 morti all'anno). Poi l'andamento è stato più altalenante e oggi siamo ancora lontani dal "nuovo" obiettivo di non superare le 43 vittime al 2020 (nel 2018 sono state 75). Come Amministrazione proseguiamo dunque il nostro impegno sulla sicurezza stradale, dei pedoni e dei ciclisti, anche attraverso il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) cercando anche di affermare il principio degli spazi condivisi e non contesi. Infine, ci appelliamo ai cittadini affinché prestino sempre la massima attenzione e prudenza sia alla guida, sia nell'utilizzo della strada, perché i dati ci indicano la distrazione e la velocità tra le principali cause degli incidenti".

Sicurezza. Romano (SIULP), "Taser" sperimentazione conferma positività impiego

E-mail Stampa PDF

taserRomano: Ora taser subito a tutti gli operatori

Lo avevamo detto sin dalla nostra prima richiesta risalente a molti anni fa che il taser era uno strumento utili per evitare sia le aggressioni agli appartenenti alle Forze di polizia, sia per garantire la sicurezza delle persone esagitate e fuori controllo che non volevano accettare il rispetto della legge.

Oggi l'esito della sperimentazione conferma quello che il SIULP diceva da anni e cioè che l'utilizzo di questo strumento non letale è efficace e non provoca conseguenze.

Per questo ci aspettiamo ora che sia fornito ad ogni operatore in modo da consentire una difesa appropriata ai servitori dello Stato ma anche una garanzia per chi, fuori controllo, usa violenza contro le donne e gli uomini in divisa.

Così Felice Romano, Segretario Generale del SIULP commenta l'annuncio del Ministro Matteo Salvini relativo alla imminente distribuzione del tasera tutti gli appartenenti alle Forze di polizia.

La sperimentazione, che ha dimostrato la rigidità dei casi in cui i protocolli operativi prevedono l'impiego di questa arma non letale e l'alta professionalità dei poliziotti, hanno confermato che il taserè necessario per fronteggiare le sempre più crescenti aggressioni nei confronti di chi, scientemente o sotto l'effetto di alcol o droghe aggredisce i cittadini e gli stessi operatori di polizia senza nessuna remora.

L'auspicio che anche questo nuovo strumento sia più un deterrente piuttosto che un rimedio repressivo, conclude Romano, resta il faro che guida il nostro agire quotidiano. Resta ferma però la possibilità per i poliziotti, solo nei casi estremi in cui si dovesse rendere necessario l'uso della forza per arrestare la violenza che è meglio l'utilizzo del taser che non quello dell'arma in dotazione.

Ecco perché sollecitiamo la fornitura a tuti in tempi rapidi poiché questo ulteriore strumento rafforza il percorso portato avanti dal Dipartimento della P.S. di una gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica più moderna e basata sul rispetto della vita umana a prescindere dalle condotte di chi viola la legge.

Bologna Città metropolitana, falsi allarmi vipere in città

E-mail Stampa PDF

viperaPolizia locale della Città metropolitana: "In ambito urbano non sono presenti non essendo il loro habitat"

Bologna. Negli ultimi giorni la Polizia locale della Città metropolitana ha ricevuto diverse segnalazioni di avvistamenti di vipere anche in aree periferiche della città o parchi urbani. "È quindi opportuno specificare ancora una volta – spiegano dal Comando – che in ambito urbano non sono presenti questo genere di rettili non essendo il loro habitat, si tratta invece di altre specie di ofidi non velenosi e assolutamente innocui, anzi utili in quanto si cibano di topi".

La polizia locale di Palazzo Malvezzi invita quindi a consultare la guida su "come distinguere una vipera da un altro serpente non velenoso" pensata per chi, soprattutto in questo periodo, ama passeggiare sul nostro Appennino ma utile anche per evitare inutili allarmismi in ambito urbano.

Undici pagine per spiegare attraverso immagini e descrizioni dettagliate come distinguere una vipera da un altro serpente non velenoso e come riconoscerne il morso. La guida fornisce inoltre alcuni consigli utili sui comportamenti da evitare in campagna e le indicazioni da seguire in caso di morso di vipera.
Le specie di serpenti presenti in Italia sono 23 di cui solo 4 sono pericolose per l'uomo perché possono procurare un morso velenoso. Nella guida sono descritte le specie che popolano il territorio bolognese, dalla forma alle dimensioni, dai colori alle abitudini alimentari.

La Vipera comune o aspide è presente esclusivamente nell'area appenninica e frequenta tendenzialmente ambienti aridi come pendii aperti e asciutti ma si può trovare anche in zone umide ad alta quota. Gli adulti raggiungono fino a 60 cm, occasionalmente 75 cm, il loro corpo è pesante (anche se più slanciato rispetto ad altre specie di vipera), la coda è corta, e la testa larga di forma triangolare, il muso si presenta rivolto all'insù e l'occhio piccolo con pupilla verticale. Si muove con movimenti lenti e manca di aggressività; morde solamente se infastidita o accidentalmente calpestata.

In caso di morso di vipera, riconoscibile dal segno di due forellini distanziati di circa 6-8 mm, circondati da un alone rosso, da cui fuoriesce sangue misto a siero, la guida consiglia di:
mantenere la calma per evitare un'accelerazione del flusso sanguigno che faciliterebbe la propagazione del veleno;
fasciare ed immobilizzare la zona o l'arto colpito, come si farebbe nel caso di una frattura, ma non bloccare la circolazione sanguigna;
disinfettare il punto morsicato;
andare al più presto da un medico o in ospedale.

Questi comportamenti da evitare:
tagliare o cauterizzare la ferita;
applicare ghiaccio o succhiare la zona morsicata;
somministrare un siero antiofidico;
fare un laccio emostatico;
agitarsi, fare sforzo fisico e ingerire alcoolici.

Redazione

Donne vittime di violenza, dati 2018 e lavoro della rete metropolitana per protezione e sostegno

E-mail Stampa PDF

VIOLENZA DONNESono state 1343 le donne vittime di violenza accolte lo scorso anno dalle Associazioni nell'ambito dell'Accordo metropolitano per la protezione e il sostegno, di cui il 33,4% straniere e di età principalmente fra i 30 e i 49 anni. Il 28,7 % delle donne ha subito violenza fisica e il 42,3%, violenza psicologica. Fra le varie tipologie di autore, prevalgono nettamente il partner e l'ex partner (nel 73,3% dei casi).
Oltre all'accoglienza delle donne sempre di più si compiono in parallelo interventi per uomini autori di violenza: 120, nel corso del 2018, sono stati i contatti per richiedere informazione e aiuto da parte di questi soggetti (di cui 41 direttamente da parte di uomini e agli altri attraverso altre persona).

Sono alcuni dei dati emersi durante il seminario rivolto agli addetti ai lavori "I servizi e gli interventi per uomini autori di violenza" che si è svolto nei giorni scorsi. L'iniziativa fa parte dell'azione promossa dalla Città metropolitana in collaborazione con il Coordinamento tecnico sul contrasto alla violenza, per diffondere le azioni rivolte agli uomini autori di violenza, messi in campo dai soggetti pubblici e privati nell'ambito del territorio metropolitano.

La Città metropolitana di Bologna, nel dicembre 2015, ha siglato l'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto ed ospitalità per donne che hanno subito violenza, di valenza quinquennale, insieme al Comune di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, alle Unioni dei Comuni del territorio metropolitano e alle Associazioni del territorio che gestiscono case per l'emergenza, case rifugio e sportelli di consulenza e ascolto (Casa delle Donne, Trama di terre, UDI, Sos Donna, Mondo Donna con lo sportello CHIAMA chiAMA, PerLeDonne).
Il sistema di accoglienza per le donne che subiscono violenza si articola su tre livelli: ospitalità in pronta accoglienza (rivolta alle donne con o senza figli, che necessitano di una pronta ospitalità), ospitalità in seconda accoglienza (rivolta a donne con o senza figli che hanno necessità di un luogo sicuro, protetto, accogliente e tranquillo, in cui intraprendere un percorso di uscita dalla violenza e ricostruire la propria autonomia, con la possibilità di ricevere sostegno nella scelta di allontanarsi dalla violenza e nell'attivare i canali necessari per realizzare il proprio progetto), consulenza, ascolto e sostegno (rivolti a donne maggiorenni, maltrattate nel proprio contesto familiare o minacciate di violenza, con l'obiettivo di proporre uno spazio riservato e competente in cui poter esprimere vissuti, raccontare l'esperienza e definire un percorso e una strategia per uscire dalla violenza, nel rispetto dell'autonomia e delle scelte decisionali della donna).

Accanto al lavoro di protezione e tutela nei confronti delle donne e dei loro figli, messo in campo dalle Istituzioni e dalle Associazioni, si collocano gli interventi rivolti agli uomini autori di violenza. Nel territorio metropolitano, sono presenti il Centro LDV (Liberiamoci Dalla Violenza) dell'Ausl di Bologna, il Centro Senza Violenza gestito dall'Associazione Senza Violenza e il gruppo di auto mutuo aiuto "I muscoli e il cuore" dell'Ausl di Imola.
Il senso dei percorsi attivati è principalmente la prevenzione ed il contrasto alla violenza di genere, attraverso la costruzione nell'uomo di una consapevolezza sulle sue azioni ed una maggior capacità di controllo, quindi un lavoro sulla responsabilità.

Attivato in Città metropolitana di Bologna l'Hub del crowdfunding

E-mail Stampa PDF

Hub crowdfundingUn servizio a supporto di PA, investitori e imprese

Supportare investitori, pubbliche amministrazioni, piccole e medie imprese offrendo informazioni, formazione, supporto allo sviluppo di progetti di crowdfunding, anche mettendo in contatto domanda e offerta di servizi.

È questo l'obiettivo dell'Hub del crowdfunding, presentato a Bologna durante il convegno "Crowdfunding and alternative finance - European debate and local plans".

L'Hub, attivo da oggi, è nato dalla collaborazione tra Città metropolitana e Università di Bologna ed è finanziato dal programma Interreg Central Europe dell'Unione europea attraverso il progetto Crowd Fund Port.

Il servizio, a cui si accede su appuntamento, si trova nella sede della Città metropolitana di via Benedetto XIV.

Per fissare un appuntamento e ricevere informazioni e materiali di approfondimento

Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Nell'ambito del progetto, la Città metropolitana, in collaborazione con Vincenzo Butticè del Politecnico di Milano, ha organizzato quattro giornate di formazione gratuita: 30 ore complessive, un centinaio di partecipanti e due moduli di approfondimento: il primo - rivolto principalmente a start-up, consulenti e PMI - ha avuto come tematiche principali l'introduzione alla finanza imprenditoriale, i principi e il funzionamento del crowdfunding e la gestione del progetto dopo una campagna di crowdfunding.

Il secondo, pensato per le Pubbliche Amministrazioni e le organizzazioni del terzo settore, si è concentrato sul crowdfunding civico, in particolare sulla sua definizione e su attori, modelli, tassonomie, vantaggi e svantaggi del crowdfunding in senso lato.

Cos'è e come funziona il crowdfunding

Il crowdfunding, secondo la definizione dell'European Crowdfunding Network (ECN) è «l'accumulo di piccoli investimenti in singoli progetti da parte di un gran numero di individui ("la folla") tramite o con l'aiuto di internet e dei social network».

Si tratta di attività con molteplici finalità e scopi; una possibile classificazione differenzia le attività in base ai meccanismi e alle aspettative che vincolano donatori e richiedenti: equity-based crowdfunding, reward-based crowdfunding, lending-based crowdfunding, donation-based crowdfunding.

In alcuni modelli sono più accentuate le relazioni di mercato basate su un rendimento di tipo finanziario, valutato secondo le logiche del rendimento; in altri casi è invece preminente il coinvolgimento e l'adesione del donatore al progetto del proponente. In quest'ultimo caso, il finanziamento è a tutti gli effetti un modo per aderire, sostenere e promuovere gli obiettivi dell'iniziativa.

Lo spettro di possibilità del crowdfunding è dunque molto vasto e può raccogliere esigenze di imprese, comunità locali, gruppi di cittadini, e start-up innovative. I settori che possono beneficiare di questo strumento, oltre a quello economico, sono la cultura, le iniziative sociali e i progetti ambientali, dove è più facile mobilitare l'opinione pubblica e accendere l'interesse, specie se i progetti hanno una forte aderenza con il contesto locale. Se gli obiettivi sono concreti, misurabili e rendicontabili, il coinvolgimento dei donatori si dimostra maggiormente efficace e i risultati finanziari più rapidi e consistenti.

Redazione

Sicurezza. Vandelli (ES) : Suicidi “silenziosi” tra le forze dell’ordine

E-mail Stampa PDF

pistolaPer il segretario generale regionale Emilia Romagna Equilibrio Sicurezza "il sindacato dei poliziotti" serve più attenzione ai dipendenti del comparto

In relazione al tema dei " Suicidi tra le forze dell'ordine, Ugo Vandelli segretario generale regionale Emilia Romagna Equilibrio Sicurezza "il sindacato dei poliziotti" ha inviato una lettera aperta che riportiamo di seguito:

Recentemente ho partecipato a due convegni legati al tema dei suicidi tra le forze dell'ordine organizzati da As.So.Di.Pro. (Ravenna 11 maggio) e CerchioBlu (Bologna 24 maggio). Un nuovo tipo di criticità fino ad oggi poco considerata. Nell'ultimo decennio l'organico della Polizia di Stato è passato dalle 117mila unità alle attuali 96mila. In tutte le Questure e Uffici periferici delle specialità della Polizia di Stato si registra una carenza di organico in media del 15%. Le recenti assunzioni (953 unità nel 2018 e 1.943 unità nel 2019) purtroppo non risolveranno l'emergenza, ma sono un primo passo concreto del Governo. Con questa premessa ci si aspetta per il futuro altre risorse e più sicurezza anche nei luoghi di lavoro. La mancanza di mezzi, equipaggiamenti e organici mettono fortemente in crisi questo importante segmento dello Stato. Di riflesso le forze dell'ordine, costrette a volte a turni logoranti sono sempre più spesso soggette a stress. Una malattia professionale (definita sindrome di Burnout) che può portare alla depressione, facendo compiere gesti insani contro la propria persona. Recentemente è stato costituito "l'Osservatorio permanente interforze sul fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti delle forze di polizia". Il decreto, firmato dal Capo della Polizia Franco Gabrielli nel febbraio 2019, recita testualmente: "Bisogna attivare procedure, strutture e interventi atti a prevenire ovvero intercettare il disagio professionale e personale, gestendo gli effetti al fine di evitare accadimenti autolesivi o autorepressivi". La media dei suicidi tra i cittadini si aggira attorno ai 5 casi ogni centomila abitanti. Tra le forze dell'ordine sono il doppio: 9,8 casi ogni centomila appartenenti. Fino ad oggi ogni singolo Corpo gestiva tacitamente i casi al proprio interno. Ora l'Osservatorio nel suo insieme fornisce indubbiamente più di un campanello d'allarme. I dati ufficiali - raccolti dall'organizzazione nazionale CerchioBlu - relativi al fenomeno dei suicidi tra gli uomini e le donne in uniforme, con riferimento al periodo compreso tra il 2010 e il 2018, sono: Polizia di Stato 62(*), Arma dei Carabinieri 92, Guardia di Finanza 45, Polizia Penitenziaria 47, Corpo Forestale 8. Per un totale di 254 suicidi. Mentre da gennaio a maggio 2019 se ne registrano 21. Altro dato riguarda il modo prevalente per togliersi la vita. Infatti, l'88 per cento dei suicidi si concretizza con l'arma d'ordinanza. Nei restanti casi si usa un'arma non di servizio. Ovvero nei modi tristi che già si conoscono che vanno dall'impiccagione, all'avvelenamento, dal soffocamento via gas alle lesioni da taglio. Oppure lasciandosi precipitare. Tremore, incubi, tachicardia, sintomi come impatto sulla quotidianità. Per venire incontro a queste esigenze di vita in alcune realtà locali è già operativo uno sportello d'ascolto, messo a disposizione per l'assistenza psicologica con medici esperti in gestione dello stress da lavoro-correlato. Viceversa nella provincia di Forlì Cesena esistono casi documentati della poca "attenzione" dedicata al singolo dipendente che segnala il proprio malessere professionale, senza valutare che il mancato intervento dei vertici istituzionali si potrebbe tramutare anche in tragedia! Di certo parlare, socializzare e coltivare affetti fa bene e può migliorare le condizioni di salute. In ogni caso chi "comanda" e/o sta dall'altra parte della trincea non dovrebbe mai dimenticare che dietro una divisa c'è sempre un essere umano con tutti i suoi pregi e ahimè i suoi inevitabili "limiti".

Ugo Vandelli Segretario regionale ER  Equilibrio Sicurezza "Il sindacato dei Poliziotti"

Redazione

Un nuovo centro logistico ad Altedo nell'area dell'ex zuccherificio, porterà 500 posti di lavoro

E-mail Stampa PDF

Zuccherificio Altedo PlanimetriaApprovato l'Accordo territoriale fra Città metropolitana di Bologna, Comuni di San Pietro in Casale e Malalbergo e Unione Reno Galliera
Dettaglio dell'inquadramento urbanistico dell'Area ex zuccherificio

Bologna. Approvato in Consiglio metropolitano l'Accordo territoriale fra Città metropolitana di Bologna, Comuni di San Pietro in Casale e Malalbergo e Unione Reno Galliera per la realizzazione di un nuovo centro logistico e la riqualificazione dell'area dell'ex Zuccherificio AIE di Altedo, al confine con San Pietro in Casale, che a regime impiegherà 500 posti di lavoro.
Questo nuovo polo logistico rappresenta un altro tassello della politica insediativa industriale della Città metropolitana di Bologna. Dopo Phillip Morris, Lamborghini, Pizzoli e tante altre realtà industriali, una nuova azienda si insedierà nel rispetto dell'ambiente e di una virtuosa politica urbanistica senza consumo di suolo.
Inoltre, lo sviluppo dell'area individuata dall'Accordo è una prima declinazione delle politiche del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile di Bologna metropolitana-PUMS relativamente alla possibilità di localizzare la grande logistica (depositi, magazzini, spedizionieri, con una superficie fondiaria maggiore di 10.000 mq) in ambiti prossimi ai caselli autostradali.
Anche questa volta la Città metropolitana e i Comuni sono riusciti a riqualificare un'area dismessa: quella dell'ex zuccherificio di Altedo che, insieme ad un'area adiacente, ospiterà i 25 ettari del nuovo insediamento.
Il nuovo insediamento dovrà avere le caratteristiche di Area produttiva Ecologicamente Attrezzata (APEA) e, in attuazione degli obiettivi del PUMS, le parti condividono di dotare l'area di un adeguato livello di trasporto pubblico e privato, a garanzia della sostenibilità dell'intervento di un centro logistico che prevede un numero di addetti stimati in circa 500 unità.
Per poter valutare la sostenibilità dell'intervento del centro logistico sarà necessario elaborare, nelle fasi attuative successive all'Accordo, una Analisi trasportistica che verifichi tutte le modalità di spostamento sia per gli addetti che per le merci, individuando in tale sede le opere e gli interventi necessari e condizionanti la realizzazione dell'intervento. In particolare, si prevede la realizzazione di uno studio che dovrà valutare le integrazioni al servizio di trasporto pubblico metropolitano relazionate anche agli orari dei turni lavorativi (anche in fascia serale); una stima dei costi e l'individuazione delle fonti di finanziamento; misure incentivanti l'uso del trasporto pubblico (abbonamenti annuali treno+bus per i dipendenti). Saranno inoltre esaminate soluzioni specifiche anche per quanto riguarda l'accessibilità privata e sostenibilità della SP20 e l'accessibilità ciclopedonale (verificando la fattibilità di un percorso ciclopedonale in sede protetta, tra il nuovo centro logistico e il centro abitato di Altedo, lungo la SP20).
L'Accordo è stato approvato nell'ultima seduta del Consiglio metropolitano con 11 voti a favore (Pd e Rete Civica) e il voto contrario di Uniti per l'Alternativa.
Il 29 gennaio 2019, la Soc. Agroalima S.p.A. con sede a Cesena, proprietaria delle aree, aveva presentato la proposta per un nuovo Accordo Territoriale prevedendo nello specifico lo sviluppo dell'Ambito per funzioni di tipo produttivo/logistico. Proposta che dava seguito alla domanda di "Rivisitazione dell'Accordo Territoriale" inviata ai Comuni di San Pietro in Casale e Malalbergo il 4 giugno 2018 e alla "Manifestazione di Interesse" presentata al Comune di San Pietro in Casale il 28 settembre 2018.

Redazione

Pagina 13 di 30