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Giustizia, intercettazioni e separazione delle carriere nel segno della Costituzione

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Filippo Giunchedi

L'opinione di Filippo Giunchedi – Professore associato di Diritto processuale penale e avvocato

Il neo Guardasigilli Carlo Nordio, magistrato di lungo corso ed esperienza, la scorsa settimana, intervenendo presso le Commissioni Giustizia di Senato (6 dicembre) e Camera (7 dicembre), ha illustrato le linee programmatiche del proprio Dicastero che prevedono, tra gli altri, due temi estremamente importanti per la "qualità" della giustizia, ovvero la rivisitazione della disciplina delle intercettazioni (telefoniche, ambientali, telematiche e, quelle più insidiose, costituite dall'utilizzo del captatore informatico mediante il quale, con l'inoculazione di un virus nello smartphone dell'intercettato, l'autorità giudiziaria accede ad un'infinità di dati che riguardano la vita privata della persona, in gran parte non necessari al fine dell'indagine), nonché l'annosa questione della separazione delle carriere dei magistrati, creando due ordini a sé stanti: da una parte, la magistratura giudicante; dall'altra, quella inquirente, ovvero i pubblici ministeri.
Si tratta di aspetti dibattuti da tempo, la cui delicatezza per gli equilibri dell'accertamento penale sono immediatamente percettibili anche per chi giurista non è. Innanzi tutto, perché il grado di civiltà di un Paese si misura dalla credibilità della giustizia, ma anche – e soprattutto – perché si tratta di due settori che ammantano punti nevralgici della politica giudiziaria, sebbene debbano essere ancorati fermamente alla Costituzione che non ammette deroghe.
Le reazioni non sono mancate. Se la Magistratura sta già insorgendo, l'Avvocatura si vede riconosciuti gli importanti sforzi, effettuati in questi anni, per offrire legalità al processo penale.
I motivi di posizioni poste a latitudini contrapposte sono facilmente comprensibili. È sufficiente limitarsi ad osservare la piegatura assunta da qualche lustro nell'utilizzo delle intercettazioni le quali, da strumento utilizzabile esclusivamente quando gli altri mezzi di ricerca della prova non consentono la progressione delle indagini, oramai caratterizzano, per la loro esclusività, gli accertamenti. Con tutti i limiti che ne conseguono, in particolare quando l'interpretazione dei risultati delle intercettazioni è offerta da chi persegue una determinata ipotesi investigativa e che le utilizza anche per fondare provvedimenti limitativi della libertà personale. Pertanto, riportare il loro utilizzo al ruolo originariamente assegnatogli dal legislatore – la "indispensabilità per la prosecuzione delle indagini" – implica un diverso atteggiamento degli inquirenti che dovranno concentrarsi ed impegnarsi sui tradizionali strumenti delle sommarie informazioni testimoniali, dei servizi di osservazione, pedinamento, etc.; mezzi di indagine meno esposti alle insidiose ambiguità insite nel linguaggio criptico che caratterizza le intercettazioni.
Il ridimensionamento dell'utilizzo delle intercettazioni comporterà, peraltro, la disponibilità di minor materiale da pubblicare con la conseguente limitazione all'odioso "processo mediatico" che incide sulla costituzionalizzata considerazione di non colpevolezza dell'accusato sino alla sentenza definitiva. Anche da questo punto di vista, il Ministro della Giustizia ha assunto una ferma e garantistica posizione.
La separazione delle carriere, da ultimo. Un processo ove le parti tra loro antagoniste, accusato e pubblico ministero, devono essere tra loro equidistanti, ovvero terze (per gli studenti si utilizza l'efficace immagine del triangolo equilatero), risulta irrimediabilmente compromesso, anche sul piano formale, se il giudice ed una parte, il pubblico ministero, appartengono allo stesso ordine. Difficilmente, infatti, potrà realizzarsi quell'equidistanza presidiata dalla Costituzione, considerato che – come spiega la Corte europea – in una società democratica anche le apparenze contano. Da qui, la necessità e la volontà di (finalmente!) separare le due carriere e i relativi ordini.
Insomma, un programma che, nel segno della Costituzione, schiude orizzonti garantistici e fa guardare al futuro della giustizia con fiducia...

Filippo Giunchedi